In collaborazione con il drammaturgo e poeta Edoardo Callegari
Due visioni artistiche, quella di Edoardo Callegari e Marcello Vigoni, si fondono per dare vita a un’opera unica, un esempio paradigmatico di come la collaborazione tra artisti possa aprire nuove prospettive. Il frutto di questo intervento rappresenta un connubio tra la concettualità dell’uno e la poetica dell’altro, espressa mediante la videoarte.
Partendo dalla filosofia di “Affordance”, la videoinstallazione “Ut Innotescat”, attraverso un processo di rilettura critica e creativa, riplasma i codici e le iconografie della tradizione artistica italiana, generando un’opera che è al contempo un omaggio al passato e riflessione sul presente.
L’installazione presenta due video orizzontali contrapposti sulla stessa parete, che trattano le due fasi antitetiche della creazione e della vita: Acqua e Fuoco.
Entrambi i video hanno come immagine di base la Piazza Cavalli di Piacenza, con le caratteristiche statue raffiguranti Alessandro e Ranuccio I Farnese, realizzate dello scultore barocco Francesco Mochi, che viene “invasa” da acqua e fuoco e così riportata alla sua immagine simbolica primordiale. Questa visione è accompagnata dalla lettura alternata di due brevi testi poetici, che mettono in stretto dialogo l’intervento artistico di Vigoni con lo sviluppo concettuale di Callegari. Durante queste fasi di recitazione si alternano simboli che traggono ispirazione dalle parole: ciò è reso possibile grazie alla cifra stilistica dell’artista milanese, attraverso un linguaggio visivo fatto di sovrapposizioni e forme contrastanti, secondo la filosofia che ogni punto di partenza può generare infiniti punti di arrivo, che dà vita a un flusso continuo di relazioni e interazioni tra gli elementi.
Vigoni non riproduce la realtà, ma la indaga attraverso un percorso di ricerca interiore, capace di evocare emozioni profonde in chiave contemplativa. Traendo spunto dal pensiero di Eraclito, secondo il quale l’armonia non è altro che una sintesi degli opposti, l’artista li indaga e li inserisce in un fertile dialogo: presente e infinito, reale e irreale, luce e ombra, sono tutti poli antitetici e, allo stesso tempo, sintesi di una medesima realtà.
I due video che compongono l’opera, “Presagium” e “Ostentarium”, rappresentano rispettivamente il rapporto tra acqua e terra come base della vita – il concetto di equilibrio dell’universo come fase dell’essere – e il rapporto tra fuoco e terra come base della materia – concetto di disequilibrio da cui nasce e a cui ritorna il tutto, amore estremo che accompagna l’atto della creazione. Nel primo, Piazza Cavalli è immersa nell’acqua del fiume Po, che caratterizza la geografia cittadina di Piacenza, circondata da nebbia e vento in un’atmosfera carica di pace e quiete che rappresenta la grazia che guarisce, ispira, salva. Nel secondo, la stessa inquadratura presenta invece la piazza immersa in un flusso continuo di lava, lapilli e fiamme, un fuoco che è la forza viscerale e dirompente dell’amore.
Anche il trattamento cromatico di fondo, bianco e nero freddo in un caso, caldo nell’altro, contribuisce a evidenziare il dualismo dell’opera, sospesa tra creazione e distruzione. Una distruzione, però, che non è altro che un ritorno all’origine, secondo un concetto profondamente intrecciato alla visione ciclica dell’universo e al continuo fluire di tutte le cose: affinché possa esserci una nuova creazione, la distruzione è necessaria. Attraverso questa duplice visione, dunque, lo spettatore è invitato a riflettere sulla natura degli elementi e sulla fragile linea che separa armonia e disordine. Questo dittico visivo fa del contrasto una chiave di lettura del reale, restituendo la complessità del mondo attraverso la lente della trasformazione.
A completare l’installazione, tra i due monitor è presente una reinterpretazione inedita del celebre fegato etrusco custodito nei Musei Civici di Piacenza, forse il più importante reperto di divinazione oggi conosciuto dagli albori della civiltà italiana. La versione presente in mostra è stata realizzata in vetro di murano color ambra dallo Studio Berengo di Venezia, atelier che ha collaborato con artisti di rilievo nel panorama internazionale.
La presenza di questo “vetro oracolare” al centro dell’installazione è generata dalla fusione tra la trasparenza dell’acqua e del fuoco e presenta un legame con la profetica figura di San Paolo, rappresentato simbolicamente, come centauro non caduto di sella, dai cavalli presenti nei due video. L’episodio del santo che incontra Gesù sulla via di Damasco, trasformandosi da persecutore a testimone del Vangelo, è infatti considerato un potente simbolo di conversione e rinascita interiore. La luce improvvisa che lo colpisce è una luce che, paradossalmente, rende ciechi per poter far vedere davvero: Paolo perde la vista fisica per iniziare a vedere con occhi nuovi, quelli della misericordia e dell’amore. Si tratta di una metafora di ogni grande trasformazione umana, la testimonianza che ogni cambiamento profondo passa attraverso una crisi e che è proprio da lì che può nascere qualcosa di radicalmente nuovo.
Elisabetta Bacchin